S. POTITO MARTIRE - FONTI della "PASSIO", VALORE e SIGNIFICATO delle LEGGENDE AGIOGRAFICHE

Dal dattiloscritto di Antonio Mottola: "San Potito martire ascolano" del 1989 si legge:

1. Valore e significato delle leggende agiografiche.

Ogni discorso serio sull'agiografia intesa come scienza non può non partire dai Bollandisti. Solo un uomo versatissimo nei testi agiografica , dall'acuta pupilla e dal fiuto finissimo, come è stato il Delehaye (1859-1941), ha saputo interpretarli e li ha trattati in modo autorevole, dando un contributo essenziale alla storicità dei santi. Il Delehaye asserisce che l'opera dell'agiografo può essere storica, ma non lo deve essere necessariamente e comunque ad ogni costo. Può rivestire tutte le forme letterarie destinate a glorificare il santo, dalla relazione ufficiale adattata all'uso dei fedeli, sino alla composizione poetica la più esuberante e la più assolutamente lontana dalla realtà [H. Delehaye, Le leggende agiografiche, Firenze 1910, pp.2 s.]. lo stesso Delehaye sostiene che, dal punto di vista storico, si deve riconoscere che i santi sono stati oscurati dalle leggende agiografiche, ma sarebbe un altro errore credere che la leggenda dei santi non meriti alcuna attenzione [Delehaye, le leggende..., p.328]. a tal proposito il nostro autore fa un paragone [Delehaye, Le leggende..., pp.329 s.]: davanti ad un quadro, l'artista ammirerà la bellezza del concetto, l'intensità delle espressioni e la profondità del sentimento religioso, mentre l'archeologo, soprattutto se privo di gusto estetico, farà una serie di critiche, forse giuste in se stesse, ma che susciteranno l'ira dell'artista. Chi dei due valuta più saggiamente l'opera? L'artista che cerca di penetrare nell'anima ispirata del pittore, o quel povero uomo che prova gli stessi sentimenti tanto in presenza di un capolavoro quanto davanti auna vetrina di oggetti antichi? Ora bisogna confessare che i pii narratori delle vite dei santi non sono stati in generale tanto felici quanto i pittori. Eppure, continua il Delehaye, chi oserebbe negare che, nonostante gli errori della tecnica e la goffaggine dell'esecuzione, non si sprigioni, non da ogni leggenda in particolare, ma dal tesoro delle leggende medievali, qualche cosa di quella poesia misteriosa che esprime, con vigore senza uguale, la bellezza dell'anima cristiana e l'ideale della santità?.
il Delehaye precisa, inoltre, che vi è spesso una grandissima differenza tra quel che gli agiografi hanno voluto dire e ciò che essi dicono effettivamente. le loro amplificazioni retoriche sono assai fredde, gli atteggiamenti dei loro personaggi goffi e compassati, le situazioni inverosimili, ma il pensiero che li dirige è nobile ed elevato. essi tengono gli occhi fissi a quella superiore bellezza che l'antichità pagana non ha conosciuto, la bellezza dell'anima adornata dalla grazia di Dio, e la loro stessa incapacità di riprodurla in tutto il suo splendore la fa ancor meglio stimare [Delehaye, Le leggende..., p. 331]. Il Delehaye conclude dicendo che i santi praticano tutte le virtù in modo sovrumano: l'umiltà, la misericordia, la rinuncia, il perdono delle ingiurie, la mortificazione e rendono amabili queste virtù e invitano il cristiano a praticarle. D'altra parte, il Mostardi ritiene che le leggende agiografiche dovrebbero occupare u posto tutt'altro che irrisorio nell'agiografia. L'eccessiva preoccupazione critica ha fatto trascurare la possibilità di valutare serenamente i testi agiografici. Eppure le leggende costituiscono sempre una testimonianza del culto verso il santo, della storia della chiesa locale, di una topografia e rivestono una grande importanza nella storia della spiritualità del popolo cristiano [F. Mostardi, San Potito ragazzo martire, Venezia 1969, p. 8].
Come per le leggende agiografiche in genere, così è avvenuto per la "PASSIO SANCTI POTITI". Infatti gli ipercritici, senza avvertire gli elementi storici e geografici contenuti in essa, troppo frettolosamente dichiarano falsa la "PASSIO" ritenendola in contrasto con le verità storiche. Spesse volte si tratta piuttosto di ignoranza di elementi di storia e di geografia, e non di seria critica. E' vero, si, come afferma i Mallardo, che nella "PASSIO SANCTI POTITI" il carattere del racconto letterario è favoloso e che è pieno di luoghi comuni con altra "Passiones" di martiri [D. Mallardo, San Potito. Un martire dell'Apulia, in rendiconti dell'accademia di Archeologia, lettere e Belle Arti, XXXI (1956), Napoli, pp.8s.; ma proprio questo fatto ci fa capire che esiste un vero e proprio genere letterario delle "Passiones", nel quale si mescolano i dati storici, tramandati oralmente, ed elementi simbolici che servono ad esaltare la fede e la costanza dei martiri invitando i fedeli all'imitazione.