GIOVANNI CITO de BOCCO o de ROCCO

Abitante di Ascoli che nel mese di novembre 1190, infastidito dai muggiti dei buoi e dal belato delle pecore parcheggiate nelle stalle del macello che si trovavano nella piazza della città di Ascoli e precisamente sotto l'arco della sua casa, per liberarsi della stalle fece ricorso ai tre Catapani di Ascoli i quali, ottenuto il consenso della popolazione ascolana fatta riunire dal banditore, acconsentirono al trasferimento della suddette stalle. L'atto è conservato nell'Archivio dell'Abazia di Montevergine come regesto n.841 (XV,91).
Il suo nome risulta anche in un atto del mese di agosto 1218, conservato nell'Archivio del Monastero di Montevergine come regesto n. 1425, come padre del ma[e[stro Giacomp Ferraro riguardo ad un lite sul grano depositato in una fossa comune (XV,92).
Il suo nome risulta anche in un atto del mese di aprile 1221, conservato nell'Archivio del Monastero di Montevergine come regesto n. 1468, dove si legge che il figlio, ma[e]stro Giacomo Ferraro, procede ad una transazione con Elena, figlia del maestro Nicodemo, cittadino di Ascoli, per un tetto di una casa, in Corneto, fatto diroccare dal figlio nella sudetta casa di lei (XV, 80).
Il suo nome risulta anche in altri due atti del mese di aprile 1210 e novembre 1226, conservato nell'Archivio del Monastero di Montevergine come regesto n. 1292 e 1592, dove si legge che il figlio, maestro Giacomo Ferraro, acquista da Giovanni la metà di una casa sita nel sobborgo di Ascoli dalla parte di Sant'Andrea e che acquista da Tranense, la quarta parte della metà di una casa sita nel sobborgo di S. Andrea, in Ascoli, per il prezzo di 2 once e mezza di tarì di Sicilia (XV, 45, 6).